Più del 50% delle macchine virtuali su Azure sono Linux e anche Microsoft abbraccia la filosofia open-source
Su Azure il numero di macchine virtuali che usano Linux ha superato quelle che usano Windows Server, il che fa un certo effetto se si pensa che stiamo parlando della piattaforma cloud di Microsoft.
La rivelazione arriva da Sasha Levin, uno sviluppatore in forza a Microsoft con una lunga esperienza nello sviluppo del kernel Linux. Proprio attraverso Levin, Microsoft ha chiesto di essere inserita in una lista privata di distributori di Linux in cui si discute dei problemi di security legati al kernel Linux prima che questi diventino pubblici, a dimostrazione che l’azienda di Redmond si pone sullo stesso livello di altri storici distributori di Linux come Suse o Red Hat.
La richiesta è stata accettata e Microsoft dovrebbe essere inserita nella lista, ma staremo a vedere.
Quello che è certo, comunque, è che la notizia del sorpasso non arriva all’improvviso, ma anzi era da anni che ci si stava preparando: nel 2015 Mark Russinovich, CTO di Azure, aveva dichiarato che un’istanza su quattro era Linux, percentuale cresciuta al 40% nel 2017 per arrivare al 50% nel 2018, sempre secondo dichiarazioni rilasciate dai vertici di Microsoft.
Da un punto di vista aziendale ci sono delle buone ragioni per scegliere Linux sul cloud Microsoft: una di queste è che è semplicemente più economico eseguire Linux su Azure, come si può vedere molto chiaramente dal calcolatore dei prezzi di Microsoft.
Inoltre il fatto che Linux sia abbastanza conforme alla struttura e alla filosofia Unix rende anche più semplice la gestione delle istanze di Linux, quindi qualsiasi amministratore di sistema si sentirà immediatamente a suo agio nel file system Linux.
Ma perchè anche Microsoft stessa si unisce al movimento Linux?
Come ha detto Russinovich anni fa, quando Microsoft ha iniziato la sua svolta verso Linux e l’open source, questa è una decisione aziendale improntata al pragmatismo, perché è più redditizio farlo.
La linea è stata ribadita di recente anche da Raghu Ramakrishnan, CTO di Azure Data, che ha dichiarato: “Incontriamo i clienti dove sono, e in particolare se vuoi Linux ti daremo Linux; se vuoi MySQL, beh ti daremo MySQL; vuoi NoSQL? bene ti daremo NoSQL – questo significa che bisogna essere parte dell’open source; e l’open source per sua stessa natura è della community”.
Come ha affermato Jim Zemlin, direttore esecutivo della Linux Foundation, ancora nel 2016: “lo sviluppo condiviso sta consentendo uno sviluppo più rapido con una qualità superiore e costi inferiori. Ciò sta causando il cambiamento della catena del valore del software”. Ed è questo che interessa a Microsoft.
La “conversione” di Microsoft all’open source è iniziata più di 10 anni fa quando hanno aperto ASP.NET. Ed è culminata negli scorsi anni con l’acquisizione di Git Hub e il rilascio di Azure Sphere, una piattaforma connessa al cloud per dispositivi Internet of Things (IoT) che include Azure Sphere OS, un sistema operativo interno basato su Linux.
Sembrano passati anni luce dall’era di Steve Ballmer, il CEO Microsoft che infelicemente dichiarò che “Linux è un cancro”. Ballmer ha lasciato il timone di Microsoft cinque anni fa e ora anche lui giura di amare Linux.